Pagliaccio
Un pagliaccio…
Con il suo aspetto dimesso
con la sua inseparabile malinconia,
non fa ridere…ma sorridere.
Bisogna avere un animo semplice per capirlo,
chi lo ama di più sono i bambini, in fondo un po’si assomigliano…
Sempre con la testa rivolta al gioco, per loro non esistono le cose serie,
la vita è pensierosa…loro la rallegrano….
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un abito più grande di quattro taglie
eccolo pronto in pista nel suo tourbillon.
Il pubblico con l’applauso ritmato lo accoglie
lui s’inchina e in omaggio il cappello toglie
tra saltimbanchi, domatori e trapezista,
dubbio non c’è la prima stella è nella pista.
La sua arte, come magia, indietro nel tempo ci riporta
quando bambini sognanti, del circo varcavamo la porta.
Inebriati dal profumo di popcorn e dal selvatico animale
in prima fila ad ammirare uno spettacolo senza eguale.
La sua è un’arte antica, tutti gli aprono le porte,
ricercato da re e regine, il preferito era a corte
della vita, lui sa farsi scherno con ironia,
ma la rispetta, non l’avvilisce, gli dona allegria.
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Il pagliaccio ( cenni storici da Wikipedia)
(forse derivato da “omino di paglia”), anche noto con l’inglese clown (derivato dall’islandese clunni).
Da un punto di vista storico-cronologico il primo esempio noto fu introdotto nel 1780 al circo Astley,
con l’esibizione del pagliaccio Burt che parodiava i cavallerizzi, ai primi dell’Ottocento, Joseph Grimaldi trasformò la figura scenica del pagliaccio, convertendola in clown “teatrale” dotato anche di parola. Clemente Filippo Laurent ideò i fantasiosi costumi a pailettes, mentre Boswell viene ricordato come il primo pagliaccio acrobata e i fratelli Price come i primi clown cantanti. Se ai fratelli Hanlon Lee venne attribuita l’introduzione della pantomima acrobatica, con Tom Belling nel 1864 nacque la figura della spalla del pagliaccio, ossia l’Augusto.
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IL buffone
(Nel Medioevo in Italia alcuni artisti vanno nelle Corti e tentano di vivere con i loro spettacoli: essi formano le compagnie di “Joculatores”. Nel secolo XV compaiono i monologhi buffoneschi, il “Mariazo”, recitato durante i matrimoni e lo “Gliommero”, scioglilingua. Fino dal secolo XIV era diffusa la “frottola”, la cui caratteristica era una narrazione di tipo umoristico che diverrà dialogata e teatrale nel XVI secolo.
In queste rappresentazioni si esibiscono i buffoni che mettono in scena figure di storpi, deformi, nani e talvolta lo sono essi stessi.
In Italia lavorano nelle Corti, non hanno una carica ufficiale, perché svolgono anche altri lavori. Alcuni nomi di essi sono: Pietro Gonnella, alla Corte estense di Ferrara, il Barlacchi, Mastro Andrea, Zuan Polo (buffone a Venezia), Domenego Tajacalze (anch’egli buffone a Venezia), Antonio da Molino detto il Burchiello ed altri. In Francia essere buffoni significava avere una vera e propria carica. In questo paese nacque il primo buffone riconosciuto, Geoffroy, che visse alla corte di Filippo V il Lungo (XIV secolo), e i buffoni mantennero la carica fino al 1662, anno in cui fu soppressa. Durante il Rinascimento italiano il genere comico-popolare si allarga e nelle città di Firenze e Venezia nascono compagnie teatrali. Ci sono dunque i buffoni e “cantimpanca” nelle Corti ed anche nelle case private, motivo per cui crescerà l’esigenza di avere un teatro.
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IL giullare
Il termine giullare (dal provenzale (occitano) joglar a sua volta derivante dal lemma latino iocularis) designa tutti quegli artisti che, tra la fine della tarda antichità e l’avvento dell’età moderna, si guadagnavano da vivere esibendosi davanti ad un pubblico: attori, mimi, musicisti, ciarlatani, addestratori di animali, ballerini, acrobati.
Nel Duecento e nel Trecento i giullari, uomini di media cultura (molto spesso chierici vaganti per le corti o per le piazze) che vivevano alla giornata facendo i cantastorie, i buffoni e i giocolieri, divennero il maggior elemento di unione tra la letteratura colta e quella popolare.
Un giullare è un essere multiplo, è un musico, un poeta, un attore, un saltimbanco, una sorta di addetto ai piaceri alla corte del re e principi, un vagabondo che vaga per le strade e dà spettacolo nei villaggi, il ciarlatano che diverte la folla agli incroci delle strade, è l’autore, il conduttore delle danze che fa ballare la gioventù, è il cantimpanca [cantastorie], è il suonatore di tromba che scandisce la marcia delle processioni, è l’affabulatore, il cantore che rallegra festini, nozze, veglie, è il cavallerizzo che volteggia sui cavalli; l’acrobata che danza sulle mani, che fa giochi coi coltelli, che attraversa i cerchi di corsa, che mangia il fuoco, che fa il contorsionista, il saltimbanco sbruffone e imitatore, il buffone che fa lo scemo e che dice scempiaggini, il giullare è tutto ciò e altro ancora.
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2 Comments
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