C’era una volta…storie

c'era una volta

c'era una volta

Molti racconti che iniziano con un “C’era una volta…”
non sono favole,
ma storie riprese da un passato
che non vuole essere dimenticato

 

°°°°°

C’era una volta … una foglia

c'era una volta una foglia

Qualcuno aveva fatto tutto per bene,
Aveva creato nell’universo, una copia perfetta del paradiso
Il paradiso terrestre
Un’idea geniale…
Foreste lussureggianti, fiori profumati, ogni specie animale
Ma qualcosa mancava
Mancava qualcosa che fosse al di sopra di tutto…
Qualcosa che fosse pensante,
che potesse ben gestire tutto quello che era stato creato

…Ci fu un respiro…lieve… un soffio…un lieve soffio
come d’incanto, la vita si animò
Era nato l’uomo…l’essere pensante

Dapprima timoroso e rispettoso,
man mano, che affermava la sua potenza sugli altri esseri,
cominciò a diventare arrogante
volle ad ogni costo, sovvertire l’ordine naturale.
Fece cambiamenti che non portarono nulla di buono
Miseramente…tutto distrusse…
quasi tutto

°

Era rimasta solo lei
l’ultima foglia, sull’ultimo albero rinsecchito.
Il vento, aveva deciso che doveva cadere
inspirò bene, si preparò al soffio
ma, sentì perentoria una voce che diceva
No.!.. non farlo.!.. quell’albero resterebbe troppo spoglio
Nudo alla mercè del gelo…potrebbe avere malanni, non far danni…
Era madre natura che parlava
Il vento sbuffò un po’, ma poi acconsentì,
facendo finta di niente soffio verso le nuvole

Alle nuvole fece tenerezza quella foglia solitaria
Si spostarono lasciando che il sole fosse libero di vedere
Il sole la vide, nella sua bontà non trascurava nessuno
A lui piaceva dare calore a chi ne aveva bisogno
Quella foglia solitaria faceva proprio tenerezza.
L’accarezzo con raggi intrisi di polvere d’oro
La foglia si rianimò…

L’inverno arrivò,
il gelo fù tremendo, distrusse quel poco che rimaneva
Per l’uomo erano rimaste poche speranze…

°

L’albero fu l’unico a salvarsi
la foglia l’aveva protetto
Con l’arrivo della primavera, l’albero volle ringraziare il vento ed il sole,
offrendo loro i fiori più belli…
Grato di tanta meraviglia, il vento volle farlo sapere a tutto il mondo
Sparse quei fiori, nei quattro cantoni della terra
Furono felici i popoli di quelle terre, ad avere in regalo dei nuovi semi.
La disperazione e la miseria li aveva segnati
la fame, li aveva resi timorosi e rispettosi

Fecero grandi feste…
tutto ritornò come prima… proprio tutto
anche l’uomo…
Dimentico del passato e del pericolo scampato
Non si era ravveduto
con tracotanza distrusse ogni forma di vita

Rimase solo quell’albero rinsecchito, con l’ultima foglia
Il vento inspirò per prepararsi al soffio
ma di nuovo madre natura lo fermò…
No.!… non farlo.!..
non sprecare fiato…tanto cadrà da sola
La foglia cadde…l’inverno arrivò
L’uomo, rimase solo, nelle sue lande deserte

Foto da Freepik

 

°°°°°

 

C’era una volta…
il vecchio ed il bambino


Un uomo se ne stava in disparte in un cantone
dimesso e stanco si appoggiava al suo bastone
le sue rughe evidenziavano quel che aveva passato,
era vecchio…sembrava deluso, stanco e spaesato
nessuno se ne curava, altro avevano a cui pensare
chi ha fatto il suo tempo, più voce non ha da far pesare.

Ma un fanciullo a lui si avvicina con fare spedito
da quell’uomo solo e vecchio, era incuriosito.
Voleva sapere e capire da dove era venuto,
sapere le sue esperienze di come era vissuto.
Avere da lui qualche dritta, qualche consiglio,
perchè della inesperienza lui era ancora figlio.

°

Eih..nonnino che fate qui solo ed isolato.?!?…
raccontatemi di voi e del vostro passato
le vostre storie mi piacerebbe sentire
per allietarmene ed il mio pensiero erudire
la vostra esperienza, mi farà chiarezza,
datemi un poco della vostra saggezza.

Eh.. che dirti fanciullo, la vita ha le sue istanze
quando son nato molti han riposto in me le loro speranze
ho fatto del mio meglio per soddisfare le loro pretese
molte cose si sono avverate, altre sono rimaste disattese
non serve la bacchetta per soddisfare le altrui voglie
fai solo del tuo meglio senza tante meraviglie,
c’è bisogno infinito di allegria e buon’umore
cerca di togliere le stille di odio e di dare amore.
A chi le decisioni deve prendere, illumina il pensiero
che in pace ognuno viva e sia di se orgoglioso e fiero.

La gente è già tutta in attesa di un nuovo momento
si aspetta un rinnovo, si attende il cambiamento,
s’infervora al pensiero di un domani tutto diverso,
vuole dimenticare ciò che è stato a lui avverso
attende che ogni sogno abbia un pizzico di certezza
vuole che la novità mandi in esilio l’amarezza.

Tutte queste cose fan piacere, senza far alcun danno,
ma voi buon uomo, ditemi…siete forse il vecchio anno.?…

Sì.. son io…ma a te piacerebbe metterti a rinnovare.?…
Vuoi darmi il cambio.?.. sai son stanco vorrei riposare.

Buon uomo, lo farò con piacere, nulla mi può spaventare,
quel che resterà di voi, tra qualche giorno sarà storia,
io invece ho tanta voglia di conquistare la gloria
ho buone intenzioni, e voglia di fare in abbondanza
sapete perchè.?… perchè il nuovo richiama sempre la speranza

 

°°°°°

 

C’era una volta…una formica…

°

Era il mio compleanno…il mio settimo anno di vita…un giorno speciale,
volevo divertirmi con il mio cirimela,
(Un giocattolo fatto con due pezzi di legno, ricavati dal manico di una scopa,
uno grande come la mia mano appuntito alle sue estremità,
veniva posto a terra, per essere colpito ad una delle due estremità
dall’altro bastone, per farlo sollevare,
ricolpire al volo e mandarlo il più distante possibile)

Lippa o Cirimela
Lippa o Cirimela

 

Mi avviai lungo la strada bianca e polverosa che si stendeva davanti a me
guardando l’orizzonte sembrava proseguire all’infinito
quasi non avesse fine…era proprio adatta al mio gioco
Le pietre bianche e grigie facevano da contrasto al verde delle cunette,
al giallo dei fiori di rughetta e al viola di quelli del cardo,
lungo i bordi scorreva gorgogliante, l’acqua che serviva all’irrigazione dei campi,
filari di cipressi giganteschi, la fiancheggiavano, sembrava che toccassero il cielo
come era azzurro quel cielo…mi piaceva camminare, in quella strada,
specialmente in quelle mattine di primavera,
quando il sole iniziava ad intiepidire l’aria
togliere con il grigiore dell’inverno, anche il grigiore dai miei pensieri.
Con la pioggia, con il sole, era sempre bella la primavera..
tutto tornava a rivivere…a ricolorarsi…

°

La masseria era al centro di un piccolo borgo contadino
una decina di poderi sparsi qua e là, fra immense distese di biondo grano
potevo vederli in lontananza, tra un tronco e l’altro,
erano tutti dipinti di rosa tutti uguali, nella loro bellezza.
I percorsi dei carri nei campi avevano lasciato i loro solchi,
disegnando sentieri che facevano da contrasto al verde dei prati
Quei sentieri mi incuriosivano
uno di questi portava ad una collinetta
dove si ergeva avvolto dalle sterpaglie il rudere di una masseria diroccata
era appartenuta a una delle famiglie più ricche e generose del paese,
persone che avevano il culto della bellezza non solo nell’animo,
ma in tutto quello che facevano.

Allora le famiglie erano patriarcali, nella stessa casa vivevano più nuclei,
uniti sotto lo stesso tetto, si dividevano gioie, dolori e lavoro.
Quel luogo mi era stato proibito, assolutamente non dovevo andarci

Per molti era un luogo da dimenticare…lì si era consumata una tragedia
quando l’odio fra i popoli regnava sovrano, un aereo, non si è mai saputo
se amico o nemico, sganciò il suo carico di morte,
un attimo,un solo attimo, non ebbero il tempo di fuggire,
17 persone fra cui 9 bambini, sparirono in un vortice di fuoco

Nessuno ha mai voluto, per rispetto di quei morti, abbattere quel rudere
è rimasto lì, come monito…testimonianza dei frutti dell’odio...
Qualcuno diceva che quelle anime, non avevano lasciato quel luogo,
si aggiravano come fantasmi… che in certe ore si sentivano rumori… voci…

°

Posai il mio ‘cirimela’ a terra,
con un colpo lo feci sollevare e lo ricolpii al volo con forza,
cominciò a roteare alto nel cielo,
ma la sua traiettoria, forse per effetto del vento,
prese una direzione diversa da quella voluta,
andando a ricadere nel sentiero proibito
non potevo andarci ma, il mio cirimela era lì
mi inoltrai nel sentiero la curiosità era più forte del timore
le sterpaglie erano alte nessuno poteva vedermi

Il rudere ora, era lì davanti a me, un silenzio strano avvolgeva tutto,
sentivo solo il fruscio del vento
mi avvicinai ad una delle finestre rimasta quasi intatta per curiosare
quella bomba aveva prodotto una voragine immensa
profonda come una gravina, sembrava la metà di un guscio d’uovo,
non vi erano sterpaglie, ma un prato verdissimo con l’erba rasa,
come se fosse stata curata, fiori tanti fiori, una miriade di colori,
quel luogo anche adesso rispecchiava di bellezza come in passato,
quando lì c’era vita…mi sporsi un po’ oltre per vedere meglio,
ero quasi in bilico ora, ma potevo vedere bene,

Su un muro rimasto intatto risaltava una scritta
”Qui dimora l’armonia e la pace,
la vita è un dono per ogni essere vivente,
nessuno ha il diritto di negarla, essa è sacra”

Il vento si stava alzando portando con se nuvoloni scuri come la pece,
era così violento sembrava che ululasse come un mostro
guardando verso l’alto vedevo i cipressi inarcarsi,
piegarsi l’uno verso l’altro, quasi a volersi unire in un abbraccio,
per resistere a quella forza spaventevole.

°

Qualcosa si stava muovendo sulla mia gamba,
era una piccola formica con la testa rossa,
a qualche passo da me, un formicaio,
centinaia di formiche. grandi, con la testa nera,
d’istinto raccolsi una pagliuzza e cominciai a spingere la formica verso l’ingresso
del formicaio, ma questa anzichè entrare nella tana fuggì veloce,
perchè quel formicaio non apparteneva alla sua specie,
riprovai ma fuggì di nuovo, ormai mi ero intestardito,
volevo a tutti i costi che entrasse, la spinsi fino all’orlo della tana,
quando d’improvviso un formicone nero, gigantesco,
uscì prese la formica tra le sue zampe, la uccise,
ne fece una pallottolina, e la portò all’interno

Era la prima volta che vedevo morire
pensavo a come doveva essersi sentito il pilota di quell’aereo.
Ero rimasto impietrito… mortificato…
Grosse gocce di pioggia cominciavano a cadere,
il cielo iniziava a brontolare,
improvviso, accecante, il bagliore di un lampo, come una saetta
cadde proprio davanti a me, distruggendo in parte il formicaio,
un altro crepitio secco seguito dal rumore assordante del tuono,
sobbalzai dallo spavento,cominciai a correre,
la paura ormai era padrona,
il cuore non batteva più nel mio petto, ma in gola
volevo urlare per liberarmi dall’angoscia,
ma non riuscivo nemmeno a respirare

Io, l’artefice di un atto che ancora una volta in quel luogo di morte,
aveva dato alla prepotenza la forza di compiere una viltà
compiere il suo sopruso sul più debole
L’ululato del vento sembrava quasi un urlo
come un coro di voci che mi inseguiva
un coro che mi ripeteva
“La vita di ogni essere è sacra, nessuno ha il diritto di negarla”

Ancora oggi, in certe giornate di vento, in quel soffio leggero,
quelle voci…mi sembra di risentirle…

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****

C’era una volta … uno spaventa passeri
Lo spaventapasseri

Eccomi quà…relegato in un angolo
mi hanno detto
” Hai lavorato troppo, ora riposati non servi più..!..”
Oggi ci sono altre soluzioni…più moderne, più efficaci
Già…certo, più efficaci…la modernità deve avanzare
Che nostalgia
meno male che davanti a me, ho una finestra che fa da specchio,
e posso rivederei miei campi, i miei amici cinguettanti,
che in picchiata si tuffano sulle spighe
Eh…si…una volta erano tanti…
ora meno…sempre meno

Sono nato dal niente, sono bastati due bastoni messi a mò di croce
un pantalone a ricoprire la mia unica gamba
una vecchia camicia, spighe di grano per formare le mie braccia
un cappello per ripararmi dal sole e dalle intemperie
Fatto…ero nato
Mi vedevo specchiandomi nella finestra che avevo di fronte
Beh.. non ero male..!..
Mi mancava solo la parola…fui subito assunto e messo al lavoro
All’improvviso, mi sono sentito sollevare,
il vento accarezzava lievemente le spighe della testa…
che bella sensazione…
avevo di fronte a me un campo immenso di grano,e papaveri scarlatti,
e fiori azzurri di nontiscordardime
tutto come un dipinto naturale !…con una miriade di colori

Fui portato al centro di quello scenario meraviglioso,
con la raccomandazione di prestare attenzione, molta attenzione
qualcuno per soddisfare i suoi bisogni
aveva l’abitudine di venire spesso in quel campo
il mio compito doveva essere quello di spaventare
incutere timore… scacciare

°

Ero lì solo…padrone del campo…il sole incuriosito si alzò alto nel cielo..
.era micidiale…che calore
fortuna che il soffio del vento rinfrescava un po’
Vedevo le spighe ondeggiare muovendosi come fossero onde
onde di un mare vellutato
il loro piegarsi sembrava un inchino di ringraziamento al vento

°

Mi sentivo importante, nessuno osava avvicinarsi…
solo qualcuno, i più coraggiosi o forse i più disperati,
spinti dal bisogno di nutrirsi, si avvicinavano, ed io li lasciavo fare
in fondo, mi dicevo, con tutte le spighe che ci sono in questo campo
anche se qualche chicco di grano sparisce, nessuno se ne accorgerà
e poi, non me la sentivo di scacciare quei passeri,
li vedevo partire dal loro nido, riempirsi il becco di chicchi,
ritornare al nido tra lo stridulo cinguettio dei loro affamati piccoli
e come potevo…insomma, chiudevo un occhio

°

Siamo diventati amici
loro potevano volare ovunque, erano informati su tutto e tutti,
venivano, mi cinguettavano le notizie, le cose nuove che vedevano
io fermo li…impalato, sarei rimasto fuori dal mondo, senza di loro
Al tramonto tutto si zittiva, era una bellezza guardare all’orizzonte
la notte che si avvicinava…il fresco della sera
l profumi della campagna erano un sollievo
Quando ‘luna’ dava il cambio al sole era uno spettacolo di colori
non potevo avere paura del buio..
le stelle..tante stelle, rischiaravano il mio campo e le spighe diventavano d’argento

Che nostalgia.!…eh si…altri tempi i miei…
allora c’era più romanticismo, le cose erano più semplici e naturali
Rimanere sempre qui all’ombra…sento che non mi fa bene
la mia unica gamba comincia a tarlarsi
le spighe delle mani non le sento più
la mia testa…un po’ alla volta la sto perdendo
si.. la sto proprio perdendo… 

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c’era una volta c’era una volta c’era una volta c’era una volta

 

 C’era una volta … una pecorella

Ariete, era saggio come sa esserlo, chi ha dovuto vivere tra molte avversità
Tutto il gregge lo seguiva passo passo, lui era il loro faro.
Ricordava bene i tempi passati, il verdeggiare dei liberi pascoli,
le cure amorevoli con cui Libertà, la pastorella, si prendeva cura del gregge
le transumanze da un pascolo ad un altro, il tenero sapore di erbe fresche,
liberi di muoversi da una terra ad un’altra.

°

Tutto era cambiato da quando Libertà andò in sposa a Despota.
Quell’essere impose nuove regole, recintò con filo spinato il prato,
con la motivazione che era una protezione,
onde evitare che cadessero nelle fauci di lupi famelici
che, al di là del fiume, scorrazzavano liberi di azzannare.
In quello spazio ristretto, dovevano sottostare e asservire il suo volere

Per imporre le sue regole usava il bastone, aiutato dai suoi cani
Quei cani erano di una ferocia tale che il solo guardarli impauriva.
La pastorella Libertà era segregata, nel palazzo,
serva del piacere del despota
L’unico interesse di Despota era quello di arricchirsi,
aveva accumulato tante ricchezze e tante altre ne voleva,
non si preoccupava di dare al gregge un vivere più decente,
le teneva in quel recinto con regole che lui dettava,
ma che non soddisfacevano il gregge.

°

Quel prato, con il continuo brucare, ormai era ricoperto da poca erba
Una barriera impediva di andare in altre terre
Quelle terre le potevano vedere al di là del fiume, fili d’erba verde e fresca
di cui sentivano il profumo…Era diventato il loro miraggio
Libero era l’ultimo nato, era l’unico con il vello maculato di nero
non era la sola diversità che lo distingueva, era irrequieto e curioso,
non amava stare rinchiuso nello stesso luogo,
avrebbe voluto brucare un’altra erba, più fresca.
Ritto sulle zampe, con fierezza annusava l’aria,
per sentirne i profumi, era sempre vicino alla staccionata, ad osservare.
Oltre il fiume poteva vedere pascoli immensi,
non capiva perchè doveva essere costretto a restare in quel prato rinsecchito.

Aveva deciso,
doveva fuggire da quel luogo…Era alta quella staccionata…insuperabile…
Molti avevano perso la vita nel tentativo fallito di fuggire, le mascelle poderose
dei cani avevano fatto scempio delle loro carni.
Doveva provarci.!…Prese la rincorsa e con un balzo superò la staccionata.

°

Ora era in un altro mondo, quello che vide gli sembrò un paradiso,
non aveva visto nessun lupo, solo greggi di pecorelle pasciute,
con un ricco e splendente vello, libere di correre, di fare quel che volevano.
Si avvicinò a loro, qualcuna lo accolse con un belato di benvenuto,
altre invece lo evitarono, altre lo spintonarono per scacciarlo,
quella pecorella straniera non piaceva, non aveva lo stesso belato,
era così impresentabile con quel suo vello sporco e maculato di nero,
era diversa, incuteva timore e per giunta mangiava la loro erba.

°

Libero decise di ritornare nel suo prato,
voleva far sapere agli altri che al di là del fiume c’era un mondo diverso,
non c’era nessun lupo e non c’erano pericoli,
un mondo che poteva essere di tutti, bastava volerlo.
Si sentiva fiero quando iniziò a raccontare, quello che aveva visto.
Con facilità, i giovani del gregge, furono convinti…La decisione fù presa…

Si sarebbero ribellati…

Una parola…una sola parola
può essere motivo scatenante
per esperire un sentimento che sembra assopito
che aleggia in ogni coscienza, per divenire onda travolgente
riuscendo ad imprimere forza anche alla mitezza,
tanto da far diventare leoni, quanti credevano di essere miti pecorelle.
Questa parola è...

LIBERTA’...

Non puoi imprigionare il vento, ed io sono come il vento,
spiro tra i cantoni del mondo recependo ogni lamento
ogni grido lo raccolgo, per farlo divenire un canto
con bellezza si trasforma quel pensiero divenendo incanto.

Alcuni vorrebbero usarmi a loro piacere
con la violenza zittirmi, e farmi tacere.
Ogni despota parla di me con tracotanza,
mi accantona, usando la forza della arroganza,
la verità, la vuole comprimere al suo servizio
usando la falsità per imbruttirmi nel suo vizio.

Quando le bugie hanno verità distorte
non saranno mai, benvolute dalla sorte
cadranno dall’altare dell’ignoranza
divenendo polvere senza importanza.

Un grido risuona altisonante, si accalora,
nella sua richiesta, di pace si avvalora,
divenendo un coro, quelle voci sembrano una sola,
voce che libera, solo nella libertà si consola.

 

Ariete
 
 °°°°

 

C’era una volta…un amore
Storie…Il risveglio

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Kabiria aveva 16 anni
mille pensieri che rincorrevano i sogni
in un futuro pieno di incertezze

Kunta aveva 18 anni
tante speranze che rincorrendo i sogni
volevano diventare certezze

  °°°°°

La notte si avvicinava serena,
una notte che si offriva per un atteso riposo.
Le ombre del tramonto nel raffreddarsi
coloravano e riempivano di colori e profumi la sera
accompagnando il giorno verso l’oscurità.
Il canto e i suoni naturali della foresta
acquietandosi sembravano quasi una ninna nanna.
Un incanto con leggerezza si inondava nella radura
lasciando che l’allegro vociare del villaggio si addormentasse
Nascondeva nel passato i ricordi, chiudendo gli occhi alla paura,
rinnovando nei cuori la speranza di un giorno nuovo e diverso.

°

Le mani intrecciate, allacciate, quasi come incatenate
come ad unirsi nel voler diventare un corpo solo.
Si distesero all’ombra di una gigantesca acacia.
Era la prima volta per Kabiria, era il suo primo bacio
ricordava il loro primo incontro ai margini del villaggio
i suoi occhi, la sua risata possente, le sue spalle forti,
quel suo modo di porsi con gentilezza, lo rendeva attraente,
pensò che un giorno avrebbe amato quell’uomo.

 °

Tremava quando Kunta avvicinò il suo viso al suo
si lasciò accarezzare dalle sue mani grandi e forti
Kunta la strinse con passione,
la colse come si coglie un fiore, con delicatezza,
il gemito di Kabiria si confuse con il battito del cuore
mentre la mano strappava un ciuffo d’erba  ed insieme un fiore.

Si zittiva la foresta quasi a non voler disturbare
il bisbiglio delle parole sfamava l’estasi del loro amore.
Quella sera fù la loro prima sera,
abbracciati, dormirono con il loro primo sogno insieme
Kunta nella sua mano con delicatezza stringeva un fiore.

°

Il risveglio lo sapevano che doveva essere diversamente voluto
gli occhi scrutavano le immense distese delle loro emozioni
attendendo lo spuntar del sole per darsi il loro addio,
un barcone aspettava l’alba e Kunta per la partenza.
Un viaggio non voluto, un viatico oscuro ma necessario,
non poteva rinnegare il desiderio di migliorare il suo futuro,
la voglia di sentirsi uomo libero, annullava la forza delle paure,
andare verso un ignoto destino senza meta, senza alcuna certezza,
con la voglia  di dare al suo sogno un nuovo risveglio…

 °

Sorgeva il sole, uguale agli altri giorni
nel dare il saluto come consuetudine ordinaria
di rituali suoni e di colori riempiva l’aria
Richiami di voci frammistavano gli striduli echi animali
Sventagliava il vento le terre percorse da carovane tribali
Sollevando con polvere e sabbia i profumi della terra
risvegliava le nuove speranze che ogni cuore rinserra

  °

Facendo pulsare di scomposti battiti il cuore
il pensiero la tristezza assaporava,
cingeva il suo fianco la sua mano carezzante
del pulsare della sua forza si acquietava un’istante.
Dal suo cuore il battito nasceva con il rimpianto
non volevano aprirsi gli occhi per il pianto
Moriva l’ultima notte che con il giorno un sogno spezza
nasceva l’alba che nell’addio si rinnovava con tristezza.

Quell’amore nato con l’impedimento
come foglie rinsecchite lo spazza il vento
Seme che voleva crescere per divenire pianta
si perde nel nulla e la sua radice espianta.

.

”Oh.!.. destino che non fai vedere altra luce che le tue tenebre
dammi ancora un attimo del suo respiro
da quel ricordo fà che io possa rivivere e non morire
prendi la luce dei miei occhi, la mia carne straccia
lascia che resti ancora tra le mie braccia.
Mi pulsa forte il cuore dal presentimento
si gela il sangue, la mia voce è già un lamento.
lacrime non voglio far vedere del mio dolore
non voglio che parta con un peso nel cuore.”

.

” A me hai donato con amore le tue purezze
ho sentito il fremito delle tue paure dalle tue carezze
gelida la terra ove con te ho potuto giacere
caldi  i percorsi del cuore che mi han dato piacere 
non temere donna, che la partenza sarà ritorno
dammi una ciocca del tuo nero ricciolo
legati  nel tuo nastro d’argento insieme al tuo fiore
avvicineranno a te, se la lontananza darà dolore
Daranno forza, riscaldando ottenebrati pensieri.
ritrovando tra i ricordi le bellezze dell”avvenuto ieri 

Questo sarà il segreto segnale del nostro amore
lo riporterò a te quando il destino vorrà far giungere l’ora
cingendoti i fianchi,  insieme andremo sul nostro sentiero
il destino se vorrà, unirà per la vita ogni nostro pensiero ”.

Le mani levate per l’ultimo saluto
il mare rispondeva bagnando con gli spruzzi delle onde
miscelando goccia con goccia, sale e amare lacrime di dolore

.

Kabiria ritornava ogni sera ad incontrare il mare
aspettava di vedere in lontananza quel barcone ritornare
lasciando al vento il suo saluto, tornava ogni sera a sperare
guardava il volo di gabbiani intrecciarsi nell’aria
voleva avere le loro ali per spiccare con loro il volo
Quel fiore con la ciocca di riccioli neri
un onda carezzante a lei  li aveva riportati.
Il destino aveva compiuto il suo percorso
lasciando che di un ibrido incontro di anime
restasse solo  il  ricordo a  consumarsi  nel dolore.
Uno tsunami devastante scorreva nell’esangue cuore.

 °

Un barcone fatiscente, in una notte qualsiasi
in un punto ignoto, di un posto da molti conosciuto
affondava con il suo carico, inghiottito dai neri abissi del mare.
Nelle ricerche nessun corpo venne recuperato
alcuni relitti di quel barcone furono ritrovati  sulla spiaggia
spinti dalle onde insieme a una bottiglietta di plastica,
dentro un biglietto legato con un nastro d’argento
avvolgeva una ciocca di riccioli neri e petali di un fiore
su quel biglietto Kunta scrisse le sue ultime parole:
”Sembra smarrirsi la strada per il ritorno,
ma, nell’eternità c’è un sentiero ove cammineremo ogni giorno.”

 

c’era una volta c’era una volta c’era una volta c’era una volta

 

 

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divisori

foto copertina dal web

 musica di sottofondo  per C’era una volta
 Soldier of love  = di Denis Quinn

c'era una volta

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39 Comments

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